giovedì, novembre 23, 2006

In treno



sabato, novembre 18, 2006

Ho visto (Distanze)

Ho visto Il Muro crollare
Ho visto la mia schiena sanguinare
Ho visto la mia squadra vincere
Ho visto mio padre piangere
Ho visto la mia prima donna col mio migliore amico
Ho visto l’invidia negli occhi del nemico
Ho visto il mio basso scivolare dalla mia spalla
Ho visto la mia vita, mentre tornava a galla
Ho visto una donna piangere per me
Ho visto i miei amici ridere con me
Ho visto la gioia di una vita, spezzata dalla morte
Ho visto, qualche attimo dopo, e mi sono sentito impotente
Ho visto il giorno farsi notte, e la notte farsi giorno
Ho visto il mondo trasformarsi intorno
Ho visto il pubblico eccitarsi per un mio assolo
Ho visto tanta gente ad una festa,e mi son sentito solo
Ho visto alcuni amici perdere la retta via
Ho visto la mia ragione trasformarsi in “follia”
Ho visto strani cerchi nei campi di grano
Ho visto un vecchio amico tendermi la mano
Ho visto quelle nuvole a forma di cuore
Ho visto la pioggia mescolarsi al mio sudore
Ho visto stelle che mai avevo visto prima
Ho visto sensazioni trasformarsi in rima
Ho visto tante cose che avranno poco senso
Se non vedrò mai te, e il tuo sorriso che illumina d’immenso.


Quando l'ho scritta, mesi fa, ho pensato di aver scritto la cosa più bella della mia vita.
...memorie di un eterno ottimista (se vuoi, leggi masochista)

sabato, novembre 11, 2006

Déjà vu


Il cd che stava ascoltando era appena finito. Ora era il silenzio. Una Luna quasi piena illuminava la stanza buia e Phil continuava a sorseggiare con calma il suo calice di vino bianco. Seduto alla poltrona rossa, se ne stava con i piedi appoggiati al davanzale della finestra spalancata. Una candela accesa sul suo scrittoio e un posacenere, mai troppo saturo di mozziconi, a portata di mano. Questo appuntamento notturno con jazz, vino e sigaretta era l’unica cosa per la quale si sarebbe potuto definire “abitudinario”.

Adesso che la musica era finita, aveva smesso di scrutare con attenzione il cielo, leggermente velato di nuvole rossastre, cominciando ad osservare il pelo libero del vino nel bicchiere, mettendolo a contrasto con quella grossa palla accesa nel cielo. Cosa cercava?

Fu un attimo.

La vista attraverso quel giallo paglierino gli ricordò la finestra dickensiana di un locale notturno, e quell’ombrello nero e grigio dimenticato in quell’angolo da lei sette mesi prima completò a pieno quel dannato senso di dejà vu. Identico calice dello stesso vino, lo stesso da cui sorseggiava, di tanto in tanto, anche lei, che non amava tanto gli alcolici e mangiava poco, perché “preferiva nutrirsi della presenza di lui”. Quell’ultimo sorso e la rapida successione di sguardi lo avevano catapultato al Gennaio dello stesso anno, in quel locale poco conosciuto, senza insegna, con le lanterne nere e le vetrate a riquadri di vetro giallo. -“Mi devo fidare di questo posto, di cui non riesco nemmeno a pronunciare il nome?”- - “Ma certo, Sofia. Me lo ha detto Tommy il liutaio, questa mattina!”- e le aveva ricordato il nome del suo pianista preferito, che si sarebbe esibito quella sera in città in duo con un noto contrabbassista. -“Ok Phil, è che con te non c’è mai da stare tranquilli…”- aveva chiuso lei con la sua dolce ironia. Era una notte freddissima, tanto che qualche timido fiocco di neve accarezzò quella città di mare del sud dell’Italia. Entrando nel locale restarono meravigliati da quanto fosse piccolo ed accogliente: un grande bancone bar sulla sinistra e cinque o sei tavolini sulla destra, tra cui quello, vicino al palchetto, dove si erano sistemati i musicisti insieme a due donne. Che bello, un concerto per pochi intimi!”- aveva detto lei, in uno di quei pochi momenti in cui riusciva a guardarlo negli occhi per più di tre secondi. E mentre lo guardava pensava: “Si... e noi siamo tra quei pochi. Noi. Ci siamo.” Non riusciva a contenere l’emozione quando Phil la portava in quei posti così affascinanti ad ascoltare la musica jazz. Era affascinata da Filippo, che sapeva essere sempre serio o burlone al momento giusto. –“Sai, non ti avrei mai fatto avere il mio numero di telefono se avessi saputo che dietro quel Phil c’era semplicemente …Filippo.”- gli disse, arruffandogli i capelli. – “E non sarei mai uscita con te se non mi avessero detto che sei un bassista così in gamba…”-. Amava stuzzicarlo quando lo vedeva più concentrato e serio. Lei si vantava di essere “l’elemento più folle” della coppia. Lui, in realtà, sapeva anche essere molto più divertente di lei quando voleva, ma preferiva non darle mai troppa corda, e la faceva arrossire perdendosi nei suoi occhi azzurri, di una tonalità che non era ancora riuscito a decifrare. Aspettavano l’inizio del concerto accarezzandosi le mani e sfogliando distrattamente quel menu, che riportava, tra l’altro, anche il significato di quel nome così buffo del locale. I musicisti cominciarono a suonare con “solo” quindici minuti di ritardo ed era incantevole quell’atmosfera così familiare, quasi da tardo pomeriggio invernale intorno ad un caminetto acceso. Phil e Sofia li ascoltavano con ammirazione e trasporto, scambiandosi ogni tanto uno sguardo complice. Erano momenti magici per Phil, che mai avrebbe potuto immaginare di seguire una performance così intima e passionale del pianista che più stimava a meno di due metri da lui. E neanche avrebbe immaginato di poter condividere certi momenti con quella donna, che ancora non riusciva ad amare completamente, ma che lo faceva sentire così amato, così importante. Lei si era appassionata al jazz “per colpa sua” e lo aveva stupito quella notte dicendogli che le piaceva il modo in cui i musicisti si guardavano durante le improvvisazioni e che le loro risate li ispiravano a vicenda. Aveva capito tutto. Aveva capito il jazz.

Quell’attimo per Phil sembrò durare un’eternità.

Bevve un sorso di vino.

Era di nuovo sulla poltrona rossa, la camera in disordine, e in un angolo quell’ombrello, che lei aveva lasciato distrattamente una notte, un mese dopo quella magica serata. Lui l’aveva anche accompagnata in ascensore, nessuno dei due aveva pianto, anzi si erano lasciati con un emblematico sorriso. Poi lei aveva corso sotto la pioggia battente ed era andata via con la sua auto.



Questo è il racconto con cui ho partecipato al concorso "Letti in un sorso" promosso da Feltrinelli con l'azienda vitivinicola Santa Margherita. L'altro ieri sono andato a vedere i risultati. Non ho vinto! Vi rendete conto? Questo popò di racconto non è rientrato tra i primi tre classificati. Ciò vuol dire: niente centinaia di euro da spendere a La Feltrinelli (che è pure di Berlusconi vaffancuore...).. niente racconto pubblicato sulle retroetichette dei vini della citata azienda. Ma perchè? Mi viene il sospetto che la mia e-mail con il racconto sia..."affondata"..nel mare di internet. Non si spiega altrimenti. E' troppo fico sto racconto. In realtà è quasi totalmente autobiografico, e ieri quando l'ho fatto leggere alla "protagonista" si è pure commossa (non facile per una come lei). Resta il fatto che a me piace molto e che se non lo pubblicano almeno sul sito mi incazzo. Ringrazio la "Sofia" (nome di fantasia) del racconto che mi ha ispirato e tutti quelli che coltivano la mia sete di conoscenza. Ringrazio anche il connubio vino-musica, pace dei miei sensi notturni. Ringrazio la Luna , che continua a vegliare su di me, i miei, il mio gatto, la mia band, chi mi vuole bene per davvero. Ringrazio me stesso. Ringrazio voi lettori. E mo' basta...

Déjà vu (da Wikipedia, Enciclopedia Libera)

Il déjà vu (in Francese /deʒavy/ "già visto"), chiamato anche paramnesia è la sensazione di aver vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando.

Il termine fu creato da un ricercatore psichico francese, Emile Boirac (18511917), nel suo libro L'Avenir des sciences psychiques (Il futuro delle scienze psichiche), espansione di un saggio che scrisse quando ancora era studente all'Università di Chicago. L'esperienza del déjà vu è di solito accompagnata da un forte senso di familiarità, ed anche un senso di "soprannaturalità", "stranezza" o "misteriosità". L'esperienza "precedente" è perlopiù attribuita ad un sogno, anche se in alcuni casi c'è una ferma sensazione che l'esperienza è "genuinamente accaduta" nel passato.

Il déjà vu sembra essere molto comune; in studi formali il 70% o più della popolazione ha riportato di avere avuto un déjà vu almeno una volta. Riferimenti all'esperienza del déjà vu si trovano anche nella letteratura del passato, ad indicare che non è un fenomeno nuovo. Comunque, in un ambiente di laboratorio, è estremamente difficile evocare un déjà vu, rendendolo una materia con pochi studi empirici.

In ascolto : Smoke Gets In Your Eyes - Keith Jarret Trio (live)

Aggiornamento 18 Novembre 2006:

http://www.santamargherita.com/portal/NEWSLETTER/tabid/54/Default.aspx

Qui troverete i tre racconti vincitori del concorso. Io li ho già letti ed effettivamente sono tre bei racconti che meritavano un premio. Sinceramente io li avrei premiati secondo un ordine inverso, perchè il terzo e il secondo sono parimenti belli, ricchi e suggestivi, mentre il primo mi sembra un po' troppo ammiccante... mi sembra quasi che la giuria "non possa aver fatto a meno di aggiudicarle il primo posto"... evabbè...



sabato, novembre 04, 2006

Amore Pulp

lui: tieni
lei: :)
lui: questo è tutto quello che posso darti
lei: ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh
lui: ?!?!
lei: che schifo, che cos'è?
lui: come... che cos'è?!
lei: che cos'è?
lui: è IL MIO CUORE!
lei: ma... è così grande?
lui: bè... si!
lei: ma... mi fa schifo!
lui: come... ti fa schifo?!?! L'ho cavato dal mio petto per te!
lei: ma io non te l'ho chiesto!
lui: !!! e allora?
lei: non lo voglio
lui: -.-
lei: lui ha detto che mi regala la pelliccia...
lui: la pelliccia?!?! a settembre? ma che ca...
lei: e c'ha pura la biemmevvù...
lui: ma io ti sto dando.......TUTTO!
lei: ma cola sangue da tutte le parti, batte forte... e comincia a puzzare
lui: a puzzare?!??!?!? ma... ma... O_O sai che ti dico?
lei: si si, lo so...mi ami
lui: e no cara
lei: no?
lui: no
lei: ...mi vuoi bene da impazzire...?
lui: MA VVAFF@#§*****%&$£"!"££$$%%£/(//(&%%ç°°§°*§*é (e qui una serie di insulti in varie lingue e dialetti, compreso il bresciano stretto....che, sintetizzando il pensiero del povero lui, vogliono dire: sei la peggiore delle meretrici di questo mefitico pianeta!)
lei: oh....quanto sei volgare! :)
lui: tu stai male
lei: si...sono pazza di te
lui: -.- e questo organo pulsante, che ne faccio?
lei: per quanto mi riguarda, te lo puoi pure ficcare nel ****
[BUIO]


Riuscirà il nostro lui ad essere ancora felice, e a rimpiazzare quel pertugio vuoto e arido che gli è rimasto al centro del petto?
Scrivete voi il vostro finale...più in là vi posterò il mio.
DaRiO

p.s. forza! sbizzarritevi, sono curioso!

giovedì, novembre 02, 2006

NIGHT MOOD (L'ultimo...giuro)


Non riesco, di punto in bianco, a decidere di scrivere.
Ispirazione e inquietudine sono necessari.
Godo nel trovare le parole del colore giusto,
Ho il vizio di curare troppo i miei pensieri.
Timido e impacciato solo a sprazzi,

Mi vanto della mia incoscienza e onestà.
Onore e onere al tempo stesso, il mio carattere.
Ostento sicurezza per rimanere a galla,
Dedico il mio tempo a far della vita musica e poesia.

mercoledì, novembre 01, 2006

T'amo sulla sabbia
















...ti ho scritto qualcosa
l'ho scritto sulla sabbia
puoi andarci, se vuoi,
col tuo cane che abbaia..
ho scritto tanto
l'ho scritto con le dita
non so se è abbastanza bella
ma..del resto è la mia vita..
se ci vai presto magari la trovi ancora,
se non ci è passata sopra un'onda,
o un vento forte..come la Bora...

Nubi torbide














Una coltre sconfinata di nubi torbide
di un rosso mosto.
E dietro? Luna piena.
Quanto devo aspettare per vederla?
Ogni tanto filtra uno spiraglio di luce,
ma è più una beffa che consolazione.
E continuo a fumar zanzare. Aspetto?
Magari non è neanche piena. Persino.