sabato, novembre 11, 2006

Déjà vu


Il cd che stava ascoltando era appena finito. Ora era il silenzio. Una Luna quasi piena illuminava la stanza buia e Phil continuava a sorseggiare con calma il suo calice di vino bianco. Seduto alla poltrona rossa, se ne stava con i piedi appoggiati al davanzale della finestra spalancata. Una candela accesa sul suo scrittoio e un posacenere, mai troppo saturo di mozziconi, a portata di mano. Questo appuntamento notturno con jazz, vino e sigaretta era l’unica cosa per la quale si sarebbe potuto definire “abitudinario”.

Adesso che la musica era finita, aveva smesso di scrutare con attenzione il cielo, leggermente velato di nuvole rossastre, cominciando ad osservare il pelo libero del vino nel bicchiere, mettendolo a contrasto con quella grossa palla accesa nel cielo. Cosa cercava?

Fu un attimo.

La vista attraverso quel giallo paglierino gli ricordò la finestra dickensiana di un locale notturno, e quell’ombrello nero e grigio dimenticato in quell’angolo da lei sette mesi prima completò a pieno quel dannato senso di dejà vu. Identico calice dello stesso vino, lo stesso da cui sorseggiava, di tanto in tanto, anche lei, che non amava tanto gli alcolici e mangiava poco, perché “preferiva nutrirsi della presenza di lui”. Quell’ultimo sorso e la rapida successione di sguardi lo avevano catapultato al Gennaio dello stesso anno, in quel locale poco conosciuto, senza insegna, con le lanterne nere e le vetrate a riquadri di vetro giallo. -“Mi devo fidare di questo posto, di cui non riesco nemmeno a pronunciare il nome?”- - “Ma certo, Sofia. Me lo ha detto Tommy il liutaio, questa mattina!”- e le aveva ricordato il nome del suo pianista preferito, che si sarebbe esibito quella sera in città in duo con un noto contrabbassista. -“Ok Phil, è che con te non c’è mai da stare tranquilli…”- aveva chiuso lei con la sua dolce ironia. Era una notte freddissima, tanto che qualche timido fiocco di neve accarezzò quella città di mare del sud dell’Italia. Entrando nel locale restarono meravigliati da quanto fosse piccolo ed accogliente: un grande bancone bar sulla sinistra e cinque o sei tavolini sulla destra, tra cui quello, vicino al palchetto, dove si erano sistemati i musicisti insieme a due donne. Che bello, un concerto per pochi intimi!”- aveva detto lei, in uno di quei pochi momenti in cui riusciva a guardarlo negli occhi per più di tre secondi. E mentre lo guardava pensava: “Si... e noi siamo tra quei pochi. Noi. Ci siamo.” Non riusciva a contenere l’emozione quando Phil la portava in quei posti così affascinanti ad ascoltare la musica jazz. Era affascinata da Filippo, che sapeva essere sempre serio o burlone al momento giusto. –“Sai, non ti avrei mai fatto avere il mio numero di telefono se avessi saputo che dietro quel Phil c’era semplicemente …Filippo.”- gli disse, arruffandogli i capelli. – “E non sarei mai uscita con te se non mi avessero detto che sei un bassista così in gamba…”-. Amava stuzzicarlo quando lo vedeva più concentrato e serio. Lei si vantava di essere “l’elemento più folle” della coppia. Lui, in realtà, sapeva anche essere molto più divertente di lei quando voleva, ma preferiva non darle mai troppa corda, e la faceva arrossire perdendosi nei suoi occhi azzurri, di una tonalità che non era ancora riuscito a decifrare. Aspettavano l’inizio del concerto accarezzandosi le mani e sfogliando distrattamente quel menu, che riportava, tra l’altro, anche il significato di quel nome così buffo del locale. I musicisti cominciarono a suonare con “solo” quindici minuti di ritardo ed era incantevole quell’atmosfera così familiare, quasi da tardo pomeriggio invernale intorno ad un caminetto acceso. Phil e Sofia li ascoltavano con ammirazione e trasporto, scambiandosi ogni tanto uno sguardo complice. Erano momenti magici per Phil, che mai avrebbe potuto immaginare di seguire una performance così intima e passionale del pianista che più stimava a meno di due metri da lui. E neanche avrebbe immaginato di poter condividere certi momenti con quella donna, che ancora non riusciva ad amare completamente, ma che lo faceva sentire così amato, così importante. Lei si era appassionata al jazz “per colpa sua” e lo aveva stupito quella notte dicendogli che le piaceva il modo in cui i musicisti si guardavano durante le improvvisazioni e che le loro risate li ispiravano a vicenda. Aveva capito tutto. Aveva capito il jazz.

Quell’attimo per Phil sembrò durare un’eternità.

Bevve un sorso di vino.

Era di nuovo sulla poltrona rossa, la camera in disordine, e in un angolo quell’ombrello, che lei aveva lasciato distrattamente una notte, un mese dopo quella magica serata. Lui l’aveva anche accompagnata in ascensore, nessuno dei due aveva pianto, anzi si erano lasciati con un emblematico sorriso. Poi lei aveva corso sotto la pioggia battente ed era andata via con la sua auto.



Questo è il racconto con cui ho partecipato al concorso "Letti in un sorso" promosso da Feltrinelli con l'azienda vitivinicola Santa Margherita. L'altro ieri sono andato a vedere i risultati. Non ho vinto! Vi rendete conto? Questo popò di racconto non è rientrato tra i primi tre classificati. Ciò vuol dire: niente centinaia di euro da spendere a La Feltrinelli (che è pure di Berlusconi vaffancuore...).. niente racconto pubblicato sulle retroetichette dei vini della citata azienda. Ma perchè? Mi viene il sospetto che la mia e-mail con il racconto sia..."affondata"..nel mare di internet. Non si spiega altrimenti. E' troppo fico sto racconto. In realtà è quasi totalmente autobiografico, e ieri quando l'ho fatto leggere alla "protagonista" si è pure commossa (non facile per una come lei). Resta il fatto che a me piace molto e che se non lo pubblicano almeno sul sito mi incazzo. Ringrazio la "Sofia" (nome di fantasia) del racconto che mi ha ispirato e tutti quelli che coltivano la mia sete di conoscenza. Ringrazio anche il connubio vino-musica, pace dei miei sensi notturni. Ringrazio la Luna , che continua a vegliare su di me, i miei, il mio gatto, la mia band, chi mi vuole bene per davvero. Ringrazio me stesso. Ringrazio voi lettori. E mo' basta...

Déjà vu (da Wikipedia, Enciclopedia Libera)

Il déjà vu (in Francese /deʒavy/ "già visto"), chiamato anche paramnesia è la sensazione di aver vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando.

Il termine fu creato da un ricercatore psichico francese, Emile Boirac (18511917), nel suo libro L'Avenir des sciences psychiques (Il futuro delle scienze psichiche), espansione di un saggio che scrisse quando ancora era studente all'Università di Chicago. L'esperienza del déjà vu è di solito accompagnata da un forte senso di familiarità, ed anche un senso di "soprannaturalità", "stranezza" o "misteriosità". L'esperienza "precedente" è perlopiù attribuita ad un sogno, anche se in alcuni casi c'è una ferma sensazione che l'esperienza è "genuinamente accaduta" nel passato.

Il déjà vu sembra essere molto comune; in studi formali il 70% o più della popolazione ha riportato di avere avuto un déjà vu almeno una volta. Riferimenti all'esperienza del déjà vu si trovano anche nella letteratura del passato, ad indicare che non è un fenomeno nuovo. Comunque, in un ambiente di laboratorio, è estremamente difficile evocare un déjà vu, rendendolo una materia con pochi studi empirici.

In ascolto : Smoke Gets In Your Eyes - Keith Jarret Trio (live)

Aggiornamento 18 Novembre 2006:

http://www.santamargherita.com/portal/NEWSLETTER/tabid/54/Default.aspx

Qui troverete i tre racconti vincitori del concorso. Io li ho già letti ed effettivamente sono tre bei racconti che meritavano un premio. Sinceramente io li avrei premiati secondo un ordine inverso, perchè il terzo e il secondo sono parimenti belli, ricchi e suggestivi, mentre il primo mi sembra un po' troppo ammiccante... mi sembra quasi che la giuria "non possa aver fatto a meno di aggiudicarle il primo posto"... evabbè...



8 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sono con te!
E' bello il racconto, è bello!
E' vero.
Nessuna meritocrazia in questo Paese!
Pensa che per ben due volte ho fatto anch'io secondo!!! SECONDO!!! IO!!! Ma chi era il primo, DIO!?
No perchè avrei preso primo e secondo premio.

novembre 12, 2006 3:22 PM  
Blogger Da said...

Grazie Max.. mi fido del tuo giudizio... se solo la giuria non fosse stata composta da sommelier e altra gente che sta alla letteratura come Manuela Arcuri al cinema...
Comunque sono davvero curioso di leggere i racconti vincitori. Se saranno davvero migliori...chapeau (ne dubito)

novembre 12, 2006 3:33 PM  
Anonymous Anonimo said...

non te la prendere, il racconto è bello. se dai un'emozione a qualcuno è un buon risultato ottenuto. continua così.bartleby

novembre 12, 2006 7:25 PM  
Blogger Da said...

No, non è che me la prendo...voglio prima leggere i racconti vincitori... ;)
Grazie

novembre 12, 2006 7:31 PM  
Anonymous Anonimo said...

....ah...pulp fiction....quale canzone?? (adoro quel film!)

novembre 12, 2006 7:41 PM  
Anonymous Anonimo said...

ahh...capito...hihi sta canzone l'hanno messa anche in Taxi!!

novembre 12, 2006 8:14 PM  
Anonymous Anonimo said...

Ma sai che il tuo racconto è proprio bello? Per quanto possa servire detto da una che non conta molto, è così.
(E poi condivido le osservazioni di stampo politico...).
Magari ogni tanto passa a visitarmi.

novembre 14, 2006 2:59 PM  
Blogger Da said...

Ringrazio tutti quelli che mi hanno dimostrato sinceramente di aver gradito questo racconto, dentro e fuori da questo blog. Ringrazio Copy-free e spero al più presto di visitare il suo blog, dato che per il momento il browser mi dice che è inesistente....misteri della rete!

novembre 19, 2006 8:35 AM  

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