venerdì, febbraio 09, 2007

Un altro sorriso


Provo a figurarmi l’idea di me nell’immaginario dei tuoi cari.

Le guardo sempre con attenzione, sai, le tue amiche, quando le incontro e imbarazzate mi chiedono come sto. Quando ci siamo persi di vista, incontravo Laura in stazione, e non sapevo se sperare che salisse su una carrozza lontana dalla mia o che venisse a sedersi accanto a me, in modo da poterle chiedere di te. Rido se penso a quella strana e assurda forma di imbarazzo. Adesso ho preso a scrutare Ivan, quando ti accompagna ai nostri appuntamenti. E’ stato sempre così cordiale con me, mi saluta ancora con quel sorriso che ho sempre considerato sincero e frutto di una benché minima stima; però mentre si allontana mi chiedo in che modo parlate di me quando vi confidate. Non so nemmeno se lo fate, in realtà, ma immagino che sia così.

Forse perché, probabilmente, se fossi io un tuo caro amico da anni, ti direi di stare attenta a riavvicinarti a una persona che hai già frequentato e che in qualche modo ti ha fatto stare male. Gli amici veri si comportano così. Devono farlo, lo dice il contratto di amicizia che si firma inconsapevolmente quando ci si stringe la mano e si decide di essere amici. Alcune clausole recitano che l’amico può anche ricorrere alla menzogna se questa serve ad evitare delle grane all’altra persona stipulante il patto. Nel senso che bisogna sempre dire le cose in modo da proteggere l’amico, a volte anche disinteressandosi di analizzare obiettivamente le situazioni. Perciò sarei anche capace di apprezzarlo, Ivan, se ti dicesse che sono un bastardo e che di me non c’è da fidarsi. Per un po’ di tempo forse ho anche sperato che lo facesse, non chiedermi adesso perché, fino a quando poi ho capito che non è vero nel modo più assoluto e che era un pensiero stupido.

Le cose che mi dicevi, sai, c’è stato un periodo in cui mi si sono auto-propinate in modo diluito, ma secco, preciso. Avevo il tempo e il modo per riflettere bene su cose che mi avevi rinfacciato e a cui al momento avevo dato poco peso. Quella parte di te che non capivo era la parte di me che cercavo. Elasticità mentale potrei chiamarla, ma è riduttivo e impreciso. La mia mente è già di per se molto elastica, e per fortuna molto allenata in diverse discipline, ma mi mancava quel tocco di ‘leggerezza’ che non avevo mai capito e che poi sono riuscito a leggere alla luce della profondità che andavo inseguendo. Cose che poi ho capito tramite percorsi tutti miei, o tracciati da persone che hanno incrociato il mio cammino, mi hanno portato a slegarmi un po’ dalla costrizione di certe idee fisse che avevo. E il mio idealismo ha preso una piega più ‘realista’. Mi piace in fondo il mio essere piccolo, imperfetto e limitato. I miei sogni restano lì, intatti, ma sarò più sereno se non riuscirò a realizzarli. Quante seghe mentali, eh? Ti ho fatto leggere anche quella pubblicazione a riguardo, ricordi? Quando sai riconoscere certi processi mentali, è simpatico vederli formarsi inequivocabilmente nella tua testa e bloccarli su carta. Nel momento in cui, in questo modo, li possiedi, li domini, non possono più farti paura. Puoi metterli da parte, perché sai che non servono, anche se ti ci eri affezionato.

E così sorrido, ancora, quando mi sorprendo ad osservare per più tempo del dovuto gli sguardi di chi conosce te e conosce anche me. E’ solo un giochino stupido della mia mente e non può scatenare in me più che un sorriso.

“ Che hai da ridere, scemo?” mi dici tu, arrivando.

“Niente… è che oggi mi sembri più bella” penso io, riprendendomi dalla distrazione.

Però non dico niente e rispondo con un altro sorriso.


In ascolto : Grace - Jeff Buckley

Etichette: ,

3 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Storia vera o vera vera?

Sai, adesso, ogni volta che posso, ogni benedetta volta, non mi lascio sfuggire l'occasione di rispondere al suo "che hai da ridere?" con un qualcosa tipo: "niente: sei piu' vicina tu a Dio di qualsiasi altra sua creazione" oppure "niente, se ieri eri bella oggi la tua bellezza mortifica qualsiasi altra forma d'arte oltre la tua".
Lo dico sempre.
Chi c'è c'è.
Battute a parte: non perdere mai l'occasione di donare la tua grandezza: questo lo fai tramite un complimento diretto, senza filtri. Shockante!
Cosi'.

Io e te dobbiamo parlare a voce prima o poi.
No, vis a vis, è meglio.

febbraio 12, 2007 4:25 PM  
Anonymous Anonimo said...

è vera questa tua analisi...
soprattutto partendo dal fatto che gli amici..quelli dei banchi d'asilo per intenderci pensano sempre di saper cosa sia meglio o peggio per noi..(ovviamente la cosa è reciproca..) questo gioco del annusare ciò che l'altro dice e pensa in merito "all'altro altro"..beh c'è proprio da lasciarsi sorridere...

un abbraccio e ovviamente auguri..

m.

febbraio 26, 2007 8:52 AM  
Blogger Da said...

Rispondo tardissimo, chiedo venia.
@ Max:
ti rispondo citando Hemingway:
"Con quello che ci è accaduto, quel che succede, quel che conosciamo e quel che non possiamo conoscere, inventiamo un qualcosa che non è una semplice rappresentazione ma una creazione totalmente nuova e più reale di qualsiasi cosa reale ed esistente, e se la rendiamo viva e il risultato è buono, diventa immortale"
Il resto lo sai... grazie (sono daccordo con te)

@ Biondograno:
eh si..è così. Ha fatto sorridere anche me quella mia improvvisa sensazione. Percezione di qualcosa che avevo già pensato/sentito altre volte, ma che in quel momento si palesava. Non potevo non scriverlo :)

marzo 06, 2007 7:37 PM  

Posta un commento

<< Home