domenica, dicembre 03, 2006

Lo scantinato

La cantina del nonno.
Non saranno nemmeno tre metri quadrati di superficie. La luce all’interno non c’è mai stata, bisogna sempre accontentarsi di quella riflessa dalle pareti del cortile d’ingresso condominiale e dalla tromba delle scale. E’ certamente eccessivo chiamare “cantina” quel minuscolo e angusto ripostiglio che mio nonno custodisce gelosamente, lì nel vano sottoscala condominiale, ma sin da piccolo mi ha sempre affascinato provocandomi un curioso senso di “timore reverenziale”.
Niente di che, un buco buio e umido pieno di cianfrusaglie, stretto e con il solaio che parte dal pavimento per arrivare a quota circa un metro e ottanta. Ci sono sempre andato con mio nonno durante le feste in famiglia, per prendere delle sedie, piuttosto che una bottiglia di vino, o di salsa, oppure un’anguria. Da piccolo (e anche adesso…) mi terrorizzava e al tempo stesso catturava quell’odore rancido di umidità misto a polvere, quella fragranza tipica dei posti chiusi e bui.
Mi è sempre piaciuto immaginarla come l’accesso segreto ad un misterioso mondo sotterraneo, ma comunque guardandomi bene dal metterci più di un piede all’interno.
Questo pomeriggio vi sono tornato, solo, dopo tanto tempo, ed ho provato un vivido senso di deja-vù. Ho aperto il lucchetto con le chiavi di mia madre, ho spalancato la porticina di ferro, e dentro è stato sorprendente ritrovare ancora le stesse cose: il volante di una vecchia Fiat 500, un calendario di Formula Uno degli anni ’70, ombrelli, sedie pieghevoli in legno, bottiglie di salsa fatta in casa e di vino, un ombrellone da mare incellofanato, dei giubbotti da lavoro di mio nonno, scarponi, qualche vecchia rivista, attrezzi vari, recipienti in terracotta. E lì davanti, vicino al mio piede “ in avanscoperta”, la cassetta di fichi d’india lasciata per me da mio nonno. Un altro sguardo all’interno, un sorriso, raccolgo la cassetta e vado via.
La curiosità per le cose immerse ne buio non ha età.


(In ascolto: 57th minute of the 23rd our - Galliano)